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Adrian Bosco intervista Un Artista Minimalista per NEUZE|T


   Un Artista Minimalista, musicista autodidatta, compositore di testi e artista visivo si origina e si sviluppa in qualche luogo intorno a Milano. Vorrei chiedere innanzitutto a questa figura eclettica: in che senso si definisce “artista minimalista”? Che rapporto ha con il minimalismo?

   Mi definisco “Un Artista Minimalista”, con l’articolo indeterminativo e le maiuscole. L’articolo indeterminativo ce l’ho perché sono uno dei tanti artisti (penso che tutti siano artisti in qualche modo), e come loro sono anche un individuo, con un nome proprio. Per questo ho le maiuscole.
   A parte questo, diciamo che il minimalismo lo interpreto più come un'attitudine che come l'appartenenza a un filone culturale; è il bisogno di esprimere sensazioni complesse in forme semplici, di concentrarle in pochi tratti. Il meccanismo è lo stesso per foto, musica, testi ecc.

   Quindi, se ho afferrato il tuo ragionamento, tutti sarebbero artisti.

   Per me è artista chiunque si esprima utilizzando un linguaggio personale.

   Mi spiegheresti meglio questo concetto?

   Certamente. Penso che ci siano diversi tipi di linguaggio, che ogni persona possiede ma non sempre esplora. Tutti sappiamo esprimerci con un codice standard, convenzionale, con cui (in teoria) possiamo capirci nella vita di tutti i giorni; altri tipi di linguaggio, invece, come la musica, il disegno, o le parole stesse, su un altro livello, permettono di dire anche altre cose, in altri modi, con altri significati. Come dicevo, credo che tecnicamente sia artista chiunque si esprima utilizzando un suo linguaggio. Dato che tutti abbiamo idee e sentimenti e sappiamo emettere suoni o tracciare segni con una matita, penso che tutti siamo artisti, almeno in potenza. Non sono la tecnica o l'aura di genio che distinguono un artista, ma il fatto di esprimersi e di farlo in modo personale. Potrebbe capitare a tutti, volenti o nolenti. Riguardo al genio, trovo che sia un concetto suggestivo ma fuorviante, che appiattisce l'arte ad una visione romantica un po' stereotipata.

   Perciò, chiunque faccia musica, disegni o scriva poesie è un artista?

   Sì, se ha qualcosa da dire e non si limita a seguire delle regole standardizzate. Naturalmente le cose sono più sfumate di così, non ha molto senso ragionare per categorie in questo ambito.

   Non è una posizione un po' qualunquista?

   Non credo. Penso che l'espressione sia alla portata di tutti, non che dovrebbe essere indiscriminata o sprezzante dell'educazione artistica, comunque vogliamo intenderla. E' una questione di equilibrio tra libertà di espressione e consapevolezza, tra urgenza e controllo del gesto. Un eccesso di parole toglie efficacia alle parole, un eccesso di impulsività appiattisce le forme, come è evidente in questo contesto storico di cattivo uso delle reti sociali.

   Nella breve biografia che hai pubblicato sul tuo sito ti definisci come “un fenomeno lo-fi”. Cosa intendi dire?

   Intendo dire che ho un approccio più contenutistico che tecnico. Non amo il virtuosismo fine a se stesso e mi piace utilizzare anche strumenti poco raffinati, “lo-fi”, “a bassa definizione”, appunto. E poi è anche più economico e mi permette, se voglio, di fare da solo.

   Questo introduce la prossima domanda: come mai la scelta di un progetto solista in cui sviluppi ogni aspetto?

   Mi piace avere il controllo di quello che faccio e anche perderlo quando lo desidero. Il fatto di seguire personalmente ogni aspetto del mio lavoro mi garantisce la massima libertà, ovviamente. Ma mi piacciono anche le collaborazioni, si incrociano idee e visioni e si aprono nuove vie.

   Ricordo che alcuni anni fa, dopo avere ascoltato il tuo album “Viaggio nella superstizione”, ti chiesi alcune spiegazioni sulle tue canzoni, ma rispondesti in modo piuttosto laconico, come se ti sentissi a disagio nello spiegare il significato dei tuoi lavori. E’ solo una mia impressione?

   In realtà, dei miei lavori mi interessano soprattutto le impressioni che se ne possono cogliere, non il significato. Il significato è qualcosa di inafferrabile, mutevole e diverso per ognuno, ammesso che esista qualcosa del genere. Sarebbe inutile e un pò narcisistico se mi mettessi a spiegare per filo e per segno come dovrebbero essere interpretati i miei lavori, o che legami abbiano o meno con la mia vita personale. Ritengo che le opere contengano già tutte le informazioni che occorrono per apprezzarle o meno.
   In generale, non credo che un lavoro abbia bisogno di un significato per essere interessante. Spesso non c’è niente da capire. Capire, quando fosse possibile, dovrebbe essere un passaggio che ognuno compie a modo suo, dopo avere ascoltato l’opera. L'opera ha una voce propria, non ha bisogno di interpreti.

   Non ami la critica?

   Dipende da come la si intende. Può essere illuminante e contribuire ad educare il gusto, ma non dovrebbe mai interferire con un rapporto diretto tra l'opera e il fruitore. La critica non dovrebbe mediare ma ampliare la visione dell'arte. Sta anche al fruitore naturalmente fare in modo che sia così, evitando di recepire passivamente le opinioni altrui.

   Qual è, se c’è, lo scopo dei tuoi lavori? E' possibile parlare di scopo?

   Non c’è nessuno scopo. Sono cose che faccio o che lascio succedere, perché mi fa piacere.

   Una risposta concisa. Dimmi di più: perché provi piacere nel creare? L’arte può avere uno scopo?

   Non so perché mi faccia piacere esprimermi, è soggettivo, ignoro se abbia dei motivi.
   Per la seconda domanda: per come la vedo, l’arte è semplicemente l’espressione di qualcuno, non ha necessità di essere costruttiva e non mi piace idealizzarla; forse può avere una funzione catartica, ma per il resto credo sia una cosa "inutile" e bella. E questo è il suo merito maggiore. Se poi l’arte possa fare riflettere o addirittura insegnare... Può accadere, ma non dev'essere qualcosa di troppo programmatico, il rischio è di cadere nella retorica e nel didascalico.

   Come nasce Un Artista Minimalista?

   Il nome Un Artista Minimalista si origina apparentemente per scherzo, da una collaborazione con un gruppo art/noise rock di Milano, gli Orgasmo Sonico. Anni fa, durante i loro concerti, salivo improvvisamente sul palco e declamavo brevi testi dopo essere stato annunciato, appunto, come "un artista minimalista". Era una cosa divertente perché combinata alla dissonanza della musica gettava inquietudini e interrogativi che restavano anche dopo la fine della performance. Il progetto ha preso forma a partire dai primi anni 2000 e dal 2005 si è definita stabilmente la sua identità.

   Un’altra domanda di rito: quali sono le tue influenze principali?

   Tutto quello che mi piace mi influenza. Anche quello che non mi piace mi influenza, in negativo. Non è una risposta esauriente questa, temo.

   Puoi fare qualche esempio? Che artisti segui con più attenzione?

   Sono tanti gli artisti che mi piacciono, in campi ed epoche disparati, ma non vedo sempre connessioni con le cose che faccio. Non saprei da che parte iniziare, potrei solo citare a caso cose che mi hanno spesso impressionato: Kandinskij, Ligabue, le sculture vocali di Holloway, arte paleolitica in genere, Beethoven, Kraftwerk, CCCP, Nine Inch Nails. Recentemente ho letto Dürrenmatt e rivisto film di Tarkovskij e James Ivory.

   Nelle tue fotografie si nota spesso una mescolanza di natura e strutture costruite dall'uomo. E' una forma di denuncia della distruzione dell'habitat?

   Non consapevolmente, direi. Non lavoro in modo programmatico. Penso che l'ambiente naturale sia una presenza da rispettare, evitando la retorica e la cattiva informazione, ma non voglio andare fuori tema.
   Tornando alla tua domanda, mi suggestionano sia i paesaggi naturali che quelli antropizzati. Sono entrambi scenari in cui mi muovo e spesso si incontrano, integrandosi in modo non per forza bello, non in senso classico, ma a volte interessante. Una costruzione in disuso, abbandonata dall'uomo, con il tempo tende a congiungersi con l'ambiente primordiale. Spesso viene colonizzata dalle piante e dagli animali. E' un fenomeno che mi affascina. Alcune strutture poi, come i tralicci dell'alta tensione, sono entrati così stabilmente nel mio panorama visivo da venire percepiti come elementi del paesaggio, come gli alberi o le montagne. A volte sento il bisogno di indagare la bruttezza, se percepisco una bellezza nascosta o non convenzionale. Altre volte sento il bisogno di rappresentare la bruttezza per quello che è, di non tacerla. Non credo di conoscerne completamente le motivazioni, è una specie di richiamo. Credo che il mondo sia complesso e contenga ogni forma di bellezza e di bruttezza, e non abbia senso guardarlo attraverso dei filtri.

   In una tua serie di artwork [N.d.A.: “Clusters”] appari spesso duplicato, moltiplicato. C'è una spiegazione?

   No, una spiegazione mi sembrerebbe eccessiva. Diciamo che, in un certo senso, ogni persona è molte persone. Penso che ognuno (o almeno qualcuno) sia suddiviso in più settori, o cluster, e a ciascun settore corrisponda un particolare modo di essere; per cui non mi stupirei se questo si riflettesse visivamente in un'opera. Ma potrebbe essere un semplice caso, non avevo in mente considerazioni particolari mentre lavoravo a queste immagini.

   Conoscendoti tramite internet ho percepito un senso di riservatezza, considerando anche la parsimonia con cui pubblichi immagini che ti ritraggono, in controtendenza con l’esibizionismo della rete. Che rapporto hai con la tua immagine?

   Ho sempre preferito che le opere parlassero da sé - l'autore può sapere dei suoi lavori quanto lo spettatore, o anche meno. Per cui mi piaceva l'idea che i miei lavori potessero presentarsi autonomamente, senza che la mia immagine distraesse e creasse confusione. Inoltre, difficilmente delle fotografie possono offrire un'immagine veritiera della persona, ammesso che questa esista e sia desiderabile.

   E con il pubblico che rapporto hai?

   Un pubblico che apprezza quello che fai non è indispensabile, ma può dare soddisfazione. Condividere idee mi piace e la rete lo facilita eliminando le mediazioni. Comunque, su internet come dal vivo, mi interessa esprimermi al di là di quante persone ricevano il messaggio. Se a qualcuno piacciono le cose che faccio o riceve degli stimoli, allora tanto meglio.

   Quale messaggio?

   Nessun messaggio prestabilito.

   Lo immaginavo... Nonostante la tua evoluzione e la varietà delle tue proposte noto una forte coerenza nel tuo percorso artistico. Cosa hai in mente per il futuro?

   Credo alla coerenza nella vita di tutti i giorni, forse, ma quando si parla di creatività ed espressione la coerenza può anche inaridire. I gusti e i sentimenti cambiano nel tempo, che senso ha negarlo e costringersi alla ripetizione?
   In generale non mi piace fare troppi progetti; avrei la tentazione di tradirli. Sto lavorando ad un nuovo album, a nuovi testi e a raccolte di fotografie, ma non so quando e in che forma li pubblicherò.

   Un'ultima domanda, che tocca ad ogni ospite di "NEUZE|T". Chi è Un Artista Minimalista? Chi è la persona dietro all'artista?

   Questa è una domanda difficile. Va bene, cercherò di restare lucido. Un Artista Minimalista è un cluster. E’ uno dei tanti settori, o una proiezione di un individuo reale, un’entità in carne, ossa e neurotrasmettitori.

   Si può dire qualcosa su questa persona reale?

   Un Artista Minimalista non conosce bene gli altri se stesso.

   Hai aggirato bene la domanda. Credo che abbiamo toccato molti aspetti interessanti sul tuo progetto, per cui, se non hai niente da aggiungere, passerei ai ringraziamenti a nome di “NEUZE|T”.

   Niente da aggiungere, grazie a te. E' stato un piacere conoscerti di persona.

   Allora, alla prossima occasione e buona fortuna per il tuo lavoro.


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